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Le origini di questo vitigno sono particolarmente antiche, si narra di provenienza delle viti dalla zona di Albano Laziale, da cui appunto il nome del vino dal latino Albanus (originario di Albano).
Tuttavia non esistono prove certe di questa origine e il nome Albana potrebbe derivare molto più banalmente dall’aggettivo latino Albus (bianco) che ne indicava sì il colore ma, per via dell’iniziale maiuscola, Ia posizione di preminenza rispetto agli altri vitigni bianchi e quindi “bianco” per eccellenza.
Il vitigno Albana si caratterizza per essere un buon produttore di zuccheri e per l’elevato contenuto in fenoli della buccia, che lo assimilano più ad un rosso che ad un bianco.
3 descrittori tipici dell’Albana: erbe mediterranee, nota di albicocca, cera d’api, propoli.
Altrettanto determinante è il ruolo del produttore: è il vignaiolo – o meglio “artigiano del vino” – che con il proprio stile in materia di vinificazione, con le proprie idee sulle scelte vendemmiali, con le proprie conoscenze agronomiche, plasma questo versatile vitigno, trasformandolo in una bottiglia unica e originale che, quale che sia la tipologia e lo stile – porterà sempre il DNA dell’Albana.
Da queste uve, dal grappolo allungato e di colore dorato, nascono diverse tipologie:
L’Albana è il vitigno romagnolo per eccellenza, è rappresentativo del territorio e dei romagnoli. Si può scorgere una similitudine nei caratteri: accoglienti, generosi e ospitali, ma a volte anche bruschi e diretti, caratteri a tinte forti.
È il primo vino bianco italiano ad ottenere la DOCG nel 1987, (DOC nel 1967), un risultato che, contrariamente alle aspettative, ha visto diminuire in poco tempo gli ettari vitati, mettendone in discussione il futuro. A partire dagli anni 2000 la situazione cambia, si affacciano nelle aziende familiari le nuove generazioni con il loro bagaglio di conoscenze, apertura mentale e voglia di mettersi in gioco: è l’inizio di una nuova rivoluzione che porterà l’Albana all’attenzione di cui merita.
Le albane che beviamo oggi non sono nemmeno lontanamente parenti di quelle che si bevevano nei decenni scorsi. Questo grazie al forte processo di innovazione tecnologica partito dai progetti della Facoltà di Agraria dell’Università di Bologna.
Albane dal colore ambrato e dal gusto amarognolo, frutto di fermentazioni con vinacce e di macerazioni prolungate, spesso troppo ricche e lasciate invecchiare prima di essere bevute, questo era il panorama dell’Albana, un vino assai difficile da vendere e da bere. Per cambiare il quadro e cercare di fare Albane più fresche e gradevoli si sperimentarono alcune tecniche: presse soffici, impiego di ossigeno e gas inerti, controllo temperatura e impiego di bentonite per stabilizzare il colore. A queste tecniche si aggiunsero le prove di surmaturazione (quando le uve vengono lasciate a sovra-maturare sulla vite) e appassimento (maturazione che viene effettuata dopo la raccolta).
Le Albane moderne in genere hanno un colore giallo paglierino chiaro, un interessante e leggibile bouquet aromatico, più floreale o più fruttato a seconda che provengano da suoli argillosi-calcarei o sabbiosi-limosi. Hanno freschezza acidità e sapidità delicate. con un tenore alcolico mai sopra le righe, probabilmente questo è lo stile più adatto ad attrarre palati meno esigente.
Nello stile Albane della tradizione, ci sono i vini in stile macerativo che hanno toni di giallo molto più marcati, profumi più complessi, da erbacei a tostati, a volte terziarizzati e con volatili chiaramente avvertibili. Sono vini di grande struttura, con acidità rilevanti e una tannicità dai tratti ruvidi.
L’Albana è la Romagna, o meglio, una parte della Romagna: il disciplinare prevede la coltivazione solo in 22 comuni di cui 7 in provincia di Bologna e nessuno in provincia di Rimini. Ricopre scarsi 1000 ettari del vigneto romagnolo, per la precisione sono 871 ettari, prima del 1987 erano 10.000 ettari.
Il vigneto romagnolo dell’Albana parte da Ozzano, sulla via Emilia, tra S. Lazzaro e CSPT, segna il confine nord-occidentale di produzione dell’Albana, fino ad arrivare nei pressi di S. Giovanni in Marignano, scendendo verso le pianure del ravennate. Le zone collinari e pedecollinari, dove si concentra la viticoltura di qualità, si compongono di terreni calcarei-argillosi. Le colline di Dozza sono una dei luoghi tradizionali della coltivazione dell’Albana.
È la natura dei suoli – e anche dei microclimi – a caratterizzare la personalità dell’Albana, è un vitigno fortemente legato al territorio.
La presenza di calcare nei terreni conferisce all’Albana struttura, profumi intensi, finezza, eleganza e morbidezza. Tendenzialmente le note fruttate di albicocca tendono a prevalere nell’Imolese, dove le terre rosse dell’areale di Dozza offrono vini asciutti, con profumi penetranti, fini e con un tenore alcolico importante.
Nella parte emiliana dell’Imolese, dove i terreni sono ricchi di ossidi di ferro e sostanze minerali, abbiamo Albana asciutti, con profumi penetranti, di grande finezza e un tenore alcolico importante.
Nella parte romagnola dell’Imolese invece abbiamo vini un pochino più floreali, agrumati e con una struttura più leggera.
Dal punto di vista storico Albana e Romagna sono unite da un legame indissolubile.
L’aneddotica al riguardo spazia tra leggenda e realtà, come nel caso, ormai arcinoto, dell’imperatrice Galla Placidia, figlia di Teodosio I, che attorno al 400 d. C., dopo che le fu offerto questo vino in una rozza coppa di terracotta, si narra abbia esclamato: “non così umilmente ti si dovrebbe bere, bensì bisognerebbe berti in oro”, celebrando così la bontà del vino e regalando il nome all’odierna cittadina di Bertinoro, da sempre considerata culla dell’Albana.
Peccato che l’imperatrice sia vissuta circa mille anni prima che fosse scritta la Divina Commedia che, come ben noto, è la prima opera in lingua italiana.
Ci sono dunque fortissimi dubbi sul fatto che qualcuno potesse pronunciare quelle parole in un italiano quasi perfetto.
Con ogni probabilità l’aneddoto deriva da uno dei tanti poemetti goliardici scritti da studenti universitari fra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, tanto è vero che la versione originale della storiella prosegue descrivendo diverse peripezie dell’Imperatrice, ognuna delle quali regala il nome alla località in cui si trova a passare in quel momento.
L’Albana prodotto dalla nostra cantina è di tre tipologie:
L’Albana Secco di Cantina Mingazzini deriva principalmente dalla vite dell’Albana della Compadrona.
Originario delle colline di Dozza Imolese, questo clone è vigoroso, produttivo e particolarmente resistente alle malattie. Il grappolo è grosso, molto lungo, cilindrico e spargolo, a volte con biforcazione apicale. Gli acini sono di media grandezza, sferoidali, con buccia pruinosa e consistente di color ambrato tendente al roseo. Produce un vino molto alcolico, secco, longevo, leggermente profumato, di colore piuttosto carico che tende ad accentuarsi nel tempo.
Il clone della Compadrona non viene più moltiplicato nei vivai e di conseguenza questo vitigno resta vincolato a vecchi impianti o a selezioni limitate.
Il suolo e microclima caratterizzano la personalità dell’Albana, il calcare conferisce struttura, profumi intensi, finezza, eleganza e morbidezza. Il terreno dell’Imolese (areale di Dozza) inoltre è ricco di ossidi di ferro e
sostanze minerali. Queste caratteristiche danno vita a vini asciutti, da profumi penetranti, fini e con un tenore alcolico importante, con prevalenza di note fruttate di albicocca.
Il Cinquantacinque Secco Cantina Mingazzini, rispetto ad altre Albane, si caratterizza per le spiccate note erbacee balsamiche in cui si distingue chiaramente la salvia e il bouquet delle erbe aromatiche.
L’Albana Rosa è classificato come Rubicone Rosato IGT perché non ci sono ancora i numeri per rivendicare la DOCG.
Si presenta complesso, spiccatamente erbaceo con evidenti note di erbe mediterranee (salvia, basilico, rosmarino) e anche balsamiche (menta, eucalipto) e la dolcezza del finocchietto selvatico, il tutto contribuisce ad una sferzata di freschezza, completata da una leggera nota salina un po’ iodata. La presenza del frutto mi ricorda la nespola e altri frutti della famiglia delle drupacee (pesca e albicocca). Fiori gialli e bianchi della macchia mediterranea (acacia, ginestra, tiglio, calendula, elicriso).
Entra diretto con la sua struttura possente ma equilibrata nella sua notevole alcolicità. Morbido, rotondo, vibrante, il giusto mix tra sapidità e freschezza richiama volentieri il sorso. Nel retro olfattivo si percepisce una nota citrina.
Un vino bianco e strutturato, ideale come accompagnamento a pasta gratinata al forno risotti ma anche minestre in brodo guazzetti di pesce e crostacei.
Il profumo delicato dell’Albana cattura con un bouquet intenso e persistente di note fruttate e floreali. Il lampone, la fragolina di bosco, la rosa canina, fino ad arrivare ad un ricordo di cipria.
Un vino rosato ricco di personalità che si distingue da altri vini dello stesso tipo che spesso possono risultare neutri.
Vellutato armonico e dolce. Ben equilibrato tra dolcezza e alcolicità.
Un vino dolce, ideale come accompagnamento a dolci secchi e biscotteria in genere. Perfetto abbinato a formaggi stagionati e erborinati.
Alcune informazioni di questa pagina sono state tratte dal volume “Albana. Una storia di Romagna” degli autori Giovanni Solaroli e Vitaliano Marchi.
Per conoscere di più su questo vitigno ancora poco conosciuto, potete acquistare il libro a questo link: https://www.illibraio.it/libri/albana-una-storia-di-romagna-9788865417331/
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